lunedì 19 settembre 2011

Eterno cielo rosa



Strano forestiero che vivi oltre l'orizzonte
Il tuo pensiero carico d'amore passò
Tanti millenni fa
Sul cielo terso di questo pianeta
Dove vibrante voglia d'amare portò.


La piccola colomba
Culla sogni sull'albero in alto
Sussulta al sentore che l'invade
Di sensi mai saputi di fremiti nascosti
Con occhi grandi scruta il cielo amaranto
Aspetta il lenire del vento nella sera
Cercando di capire se è preda dell'incanto
Si scuote timorata, s'aggrappa bene alle radici
Finché l'intruso s'allontani.

Ma le rimane dentro sete e  fuoco da domare
Si nega e resiste, s'acquieta 
Fino a che comprende il vero
Allora parte inseguendo la tenue fiammella
Attraversando, spesso, oceani in tempesta
Fermandosi, a volte, a sentire se l'aria e dolce.

Dimenticato il tempo e spenta la speranza
Con occhi persi dentro il buio del suo cuore
La colombella giace nel limbo di dolore
Mentendosi che l'onda fosse un suo sogno.

Nel mezzo dell'inverno si alza all'improvviso
Con sensi spalancati tremante cuore in gola
Antico vento caldo profuma la sostanza di tutta  la sua vita
Allaga il deserto, rinfresca la foresta
Passato e futuro si  sfumano nel tempo
Esulta sulle ali dell'onda ritrovata
Con grandi arabeschi
Inebriata spazia eterno cielo rosa.
G.G.

Botosani 19.09.2011


lunedì 12 settembre 2011

Chalet Miraj

 Parte prima

Il mio compito e quello di sistemare le stanze al Chalet "Miraj".
Le mie più quelle della mia collega. Non dovrei farlo, ma sono nuova e
ho bisogno di questo lavoro, ho ringraziato L'Universo che l'ho travato.
Suona l'inutile sveglia.
Sono mattiniera e ligia al dovere, anche se, apparisco un po 'strana.
Il mio modo di fare, che segue le mie fantasie, spiazza, destabilizza.
Quando mi sento felice sorrido anche alle poltrone.
Mi basta un nonnulla per gioire, un raggio di sole che
m'inonda all'improvviso, la faccia buona di una vecchietta,
il gioco felice di un bambino, perso nel suo imperio di beata innocenza.
L'Aridità, l'inutile cattiveria, la volgarità, mi rendono triste.
Allora mi ritiro in rassegnata accettazione muta e non sorrido più.
"Mira, sei incorreggibile" mi dico e mi scuoto dai pensieri.
Mi devo preparare.
Detesto la cuffietta che devo mettere per lavoro. Mi appiattisce i capelli e
mi fa sembrare una massaia.
La mia Venere in Leone si ribella, la metto a tacere
con un tocco di kajal che sottolinea lo sguardo felino.
Scendo dalla mia piccola stanzetta e mi avvio verso la lavanderia
dove inizio il lavoro oggi.
La moquette spessa assorbe il rumore dei miei passi.
Sto per entrare, la porta della lavanderia e socchiusa.
Odo le colleghe parlando concitate, con fare cospirativo.
Da qualche tempo gira nei paraggi un tizio strano, un nomade dicono,
Si perde nei vestiti troppo larghi.
Dal volto barbuto, spiccano soltanto gli occhi, incredibilmente sereni,
di un strano grigio argentato, come il cielo dinanzi alla tempesta.
Porta sempre con se una sacca cilindrica, unico sua avere, pare.
Mi stuzzica il pensiero di curiosare la dentro.
Ho sempre pensato ai vagabondi come ai poeti sconosciuti,
anime smarrite in sogni imperscrutabili.
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A breve il seguito

G.G.


Botosani 12.09.2011


Soledoro

Soledoro